02 novembre 2015

La città in festa [ NYC #54 ]

Halloween e Maratona, accoppiata vincente


Partenza alle 9.50 in punto, alla presenza di Spike Lee e del sindaco De Blasio. Quando allo sparo dello starter gli uomini si lanciano lungo il ponte di Verrazano, io finisco il caffè, afferro il mio mezzo bagel, bacio la famiglia e mi lancio per le scale, giusto il tempo di un'ultima occhiata intensa alla televisione. Prima che i corridori professionisti raggiungano l'incrocio tra la 21esima Street e la Quarta Avenue a Brooklyn dovranno percorrere 6 miglia, o poco più di 9 km e mezzo. A me basterà fare tre isolati, e pure in discesa.
Fourth Avenue, Brooklyn

Come ogni prima domenica di novembre, è il glorioso giorno della Maratona di New York. Quest'anno cade esattamente 24 ore dopo Halloween, anche se per noi ha fatto poca differenza.
Dopo settimane di preparazione, tra costume di Captain America e Jack-o-Lantern di vera zucca con tanto di vere candele, il nostro pomeriggio di Halloween non lo abbiamo trascorso accompagnando il piccoletto da un negozio all'altro del quartiere per il tradizionale "dolcetto o scherzetto" dei bambini americani metropolitani. Lo abbiamo invece dedicato alla pediatra.
Per il terzo anno di fila, cioè da sempre per lui, il nostro piccoletto non ha potuto festeggiare. Una maledizione vera, perché sembra che sempre in questo periodo lui sia destinato a prendersi qualche forma di influenza o altri virus balordi, alla faccia dei vaccini stagionali e del maniacale lavaggio delle manine. Chissà, un giorno anche lui riuscirà a godersi Halloween e ce ne andremo tutti quanti a spasso in costume, come qui fanno tante famiglie con i loro bambini. I migliori? La famiglia di "Incredibili" vista a Fort Greene.

Darth Vader è uno sportivo

Come se la maledizione dell'Halloween mancato non fosse già di per se sufficiente, ieri si è pure aggiunta la sconfitta del Toro nel derby. Maledizione pure quella, ché già per la seconda volta di fila perdiamo all'ultimo minuto. Impareremo che queste partite vanno vinte e basta? Una volta lo sapevamo e i tifosi juventini, abituati alla vittoria facile, per un certo periodo hanno un po' snobbato il derby, quasi fosse una partita come le altre e non la "Sacra Battaglia per la Supremazia di Torino". Adesso, almeno a giudicare da quel che si legge su Facebook, i tifosi della Juventus sono tornati sulla Terra. Non solo sfottono senza sosta noi scornati, ma lo fanno con goduria vera. Magari non hanno quel senso della misura che era un vanto lontano della loro società, ma non c'è più boria, sono proprio genuini. Insomma, l'Avvocato Agnelli e il suo stile sono stati seppelliti da tempo, e sarebbero perfetti per una maschera di Halloween. Ma Luciano Moggi potrebbe finalmente essere démodé anche tra i cugini bianconeri.

In un minuto ho finito il mio mezzo bagel e in cinque sono arrivato all'angolo con la Quarta Avenue, dove guadagno senza alcuno sforzo il perfetto punto d'osservazione. Ad attendere il passaggio dei primi corridori, almeno di quelli della categoria uomini, tra gli ultimi a prendere il via, ci sono ancora poche persone. È nuvoloso ma non fa per niente freddo. Giornata perfetta per correre e, perché no, per indossare ancora i costumi del giorno prima. Un bimbo vestito da tigrotto cerca di sottrarsi alla morsa materna, mentre un altro più prosaicamente, scorrazza con il suo monopattino indossando un caschetto con i colori dell'anguria, forse a sfidare l'ortodossia della zucca. Qualcuno sventola delle bandiere. Vista la folta presenza latinoamericana della nostra zona, la bandiera messicana ha la stessa dignità di quella a stelle e strisce. All'angolo di fronte c'è spazio per sventolare un minoritario orgoglio sudcoreano. Si sente della musica suonata dal vivo lungo il marciapiede e su un tetto ci sono dei ragazzi che ballano. Sulla carreggiata ovest, risalendo come un salmone, una carovana di auto nere precedute da macchine della polizia: io e un altro tizio pensiamo sia il sindaco che torna da Staten Island.
Con la maglia arancione, al centro, il vincitore Stanley Biwott

Arriva il gruppo di testa. Salvo sorprese, tra questi atleti ci sarà anche il vincitore dell'edizione 2015. E, salvo sorprese, porterà la bandiera del Kenya. Dopo il loro passaggio decido di muovermi pure io e seguire il flusso dei maratoneti lungo la Quarta Avenue. Non sarà uno sforzo epico come quello dei 50.000 con la pettorina. La mia meta è la stazione ferroviaria di Atlantic Avenue, tre chilometri di passeggiata verso nord. Poco meno di un quarto d'ora ed ecco che arriva la massa dei maratoneti. In questo tratto di Brooklyn sarà così per le prossime due ore, senza quasi soluzione di continuità. Qualcuno corre in costume, altri esibiscono i colori dei loro paesi d'origine, dal Sudafrica al Brasile. Ci sono anche quelli che corrono senza maglietta: niente topless, però, solo reggiseni, ché altrimenti sarebbe illegale e i poliziotti dovrebbero intervenire. Un tizio ha deciso di correre anche con i guantoni da boxe. Supereroi, Supereroine, parrucche. La campagna per le Elezioni Presidenziali del 2016, nel bel mezzo delle primarie, cioè roba che appassiona solo la base di democratici e repubblicani, fa capolino tra i corridori ma non fa statistica: la ragazza con la maglietta di Bernie Sanders, il democratico che ha un accento che più-Brooklyn-di-così-non-si-può, posso anche capirla; ma il tizio che corre tenendo un cartello a favore del repubblicano Ted Cruz, secondo me, non arriva nel Bronx (nel senso che si spompa ben prima della fine).
"Good job!"

Pare che da qualche tempo stiano sbucando cosiddetti e auto-dichiarati super-atleti, i quali iniziano a snobbare questo tipo di corse. Considerano ormai la maratona alla portata di troppi, visti i numeri sempre più elevati di quelli che ogni anno riescono a portare a termine la gara, proprio a partire da New York. Secondo questi super-atleti la nuova maratona è quella di cento miglia. Siete convinti che servano comunque delle ragioni per mandarli sonoramente a cagare? Sbagliate. Ma se proprio d'animo generoso voi siete, eccole. Lo spettacolo di questa gara è vedere gli anziani che non mollano nemmeno quando sembra stiano per crollare a terra. È vedere gli ultimi, quelli che camminano e non si fermano. È vedere gli atleti in carrozzella. Anche tra loro ci sono i professionisti, certo, che gareggiano con carrozzelle speciali. Ma ci sono anche quelli che corrono con la carrozzella che usano tutti i giorni nella città a meno misura di disabile che si possa immaginare.

Non solo chi corre. Questa maratona è davvero resa speciale dal suo pubblico. Sembra che ogni partecipante abbia parenti o amici a fare il tifo lungo il percorso. Si sbracciano per farsi notare, sorreggono i cartelli più disparati per incitare i loro cari. C'è anche un'applicazione per i cellulari che consente di tracciare gli atleti lungo il percorso attraverso il chip del pettorale. Ma anche chi non segue qualcuno in particolare, fa sentire il proprio incitamento senza sosta. Bambini e adulti non si stancano di dare il cinque a perfetti sconosciuti. "Go! Go!!", "You got it!!", "Keep going!”, sono ripetuti in continuazione. Se poi gli atleti hanno il loro nome scritto sulla maglia, è ancora più facile. Io, ma davvero per caso, ho spesso incitato italiani. Tra questi, una menzione per Fusco padre e Fusco figlio, i quali sono passati davanti a me con una decina di minuti di distacco.
Tifosi scalmanati

In questa giornata di festa pura, qualcosa doveva comunque andare storto.

Lo vedo avvicinarsi a passo deciso e, appena noto la sua maglia, inizio a urlare e a strapparmi i capelli. "Noooo!!!! Noooo!!!! La magliaaaa della Juve noooooo!!!!". Ma Santi Numi... Ci mettiamo a ridere tutti e due e lui si sbraccia per salutarmi mentre si allontana di corsa. Sulle spalle c'è stampato il suo nome. "Forza Edo!!!", gli urlo come un matto. Sono sicuro che sia arrivato al traguardo.

Come sono sicuro sia arrivato al traguardo Dave Fraser. È un uomo di Brooklyn ed è disabile. Vive a Canarsie, quartiere non proprio facile, e ha una storia familiare segnata da disgrazie che hanno colpito pure sua moglie. Dave soffre di una paralisi cerebrale dalla nascita. Ma questo non gli impedisce di correre la maratona. Lo fa già da qualche anno, e lo fa su una carrozzella che spinge all'indietro con le sue gambe. Per arrivare al traguardo di Central Park gli serviranno almeno 15 ore. Al suo passaggio tutti lo incitano e anche altri atleti in corsa si avvicinano per dargli il cinque. Go Dave! Go!!

Io torno a casa.
Dave Fraser, il corridore di Canarsie

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