08 marzo 2014

Welcome to the real world [ NYC #28 ]

Credevo che i dinosauri si fossero estinti. Sbagliato. Non avevo mai guardato sotto il divano.
"Si, vabbé, figliolo. Comunque non c'è verso che non si estinguano. Guardali: sono in dieci e c'hanno un solo albero da mangiare da mangiare, ma dai...". 
Non credo mi stia davvero ascoltando. Forse la doppia negazione nella stessa frase gli ha chiuso le orecchie o forse la sua coscienza ambientale non ancora così sviluppata. Di fatto, raccoglie il suo mini-albero, prende i mini-dinosauri che erano spariti sotto il divano e li mette di nuovo nel loro scatola di plastica, un cilindro dove fino a qualche giorno fa si trovavano dei carciofi sottolio. Poi si gira verso la libreria e afferra la cassetta con la frutta. Ci sono una pera, una fragola, un limone, un kiwi, un'arancia, una banana e una fetta di melone. Sono divisi in due o più parti e tenuti insieme con dei piccoli inserti di velcro. Tutti rigorosamente in legno, come in legno sono il coltello, due fette di pane, un tostapane, un panetto di burro, un piattino e una bottiglietta di miele. Faccio tostare le due fette di pane e ci metto il burro sopra.
"Allora, piccolo. La vedi la ragazza dai capelli rossi seduta al tavolo? Ha chiamato giusto poco fa e ha ordinato un panino al burro. Due fette di pane tostato, esatto, e del burro. Sono 28 dollari, ok? Quindi ricorda: ti spettano almeno 5 dollari di mancia. Vai".

La consegna mi sembra andare a rilento. Il piccoletto se ne sta lì, a tagliare a metà la sua frutta di legno e il panino non si muove di un centimetro. Dire che non deve neanche prendersi lo sbattimento d'andarsene in giro per il quartiere su un motorino elettrico o, peggio, a piedi. Buon per lui. Dopo le quattordici nevicate di quest'inverno, su alcuni marciapiedi ci sono ancora resti di neve ghiacciata e su qualche strada meno fortunata ci sono quei resti di rifiuti che qualche giorno fa erano ovunque. Perché i sacchi della spazzatura, abbandonati fuori dai condomini durante le tempeste di neve, sono stati raccolti anche con parecchi giorni di ritardo. E che può fare un sacco di plastica, abbandonato su un cumulo di neve? Diventare un tutt'uno con la neve. E che succede quando provi a prenderlo? Si squarcia. Lasciando dietro di se pezzi di pollo o cartoni del latte. Perché New York è una delle Capitali del Mondo, poche storie, e anche del mondo nuovo del "tech boom", va da se. New York c'ha Wall Street e tutti quei soldi da far paura, e ora c'ha pure Tumblr, Buzzfeed e Shutterstock, per non dire della presenza di Google o Facebook, tanto per far sapere alla Silicon Valley che deve guardarsi alle spalle, perché nemmeno i nerd vogliono più vivere nell'ennesimo clone di sobborgo californiano circondato da centri commerciali. Ma New York non si fa problemi a puzzare, eccome, e il suo sistema di raccolta rifiuti sarà stato sicuramente innovativo pure lui: cento anni fa. Chissà, magari ci riuscirà proprio la puzza a salvare almeno il ricordo della buonanima di Astor Place  dall'arrivo di IBM, perché non serve essere nostalgici per vedere che quel non-cubo di vetro e acciaio c'entrerà niente con il Greenwich Village. Di sicuro, a tempo debito, la puzza ci farà capire che la primavera è arrivata e che il tepore ha riscaldato anche i rifiuti.
"Remember that all I am offering is the truth. Nothing more", dice Morpheus mentre porge a Neo le due pillole, quella blu e quella rossa. Il piccoletto si è già ritirato nella sua stanza con la ragazza dai capelli rossi, che prova a farlo addormentare. Io mi rilasso davanti a Matrix, anche se è iniziato da un pezzo e per le mia religione non si potrebbe vedere un film se hai perso anche solo i titoli di testa. Tant'è.
Magari nella prima versione prendeva quella blu e il film finiva dopo mezz'ora e gli spettatori bruciavano il cinema dopo aver assaltato la cassa per riprendersi i soldi del biglietto. Ma qui Neo prende la pillola rossa e si prepara per il suo viaggio nella realtà parallela, così poi riuscirà a capire quale sia quella vera e a non farsi abbindolare da... si, insomma, quel casino che era Matrix. Dopo aver toccato un muro, piano piano Neo inizia a ricoprirsi di una vernice metallizzata che finisce per entrargli nella gola e da qui lo scaraventa nel suo incubo. In un vortice di qualche secondo Neo si ritrova con cavi ed elettrodi attaccati ai suoi capezzoli, alle braccia e al resto del suo corpo. Fatica a galleggiare nella gelatina in cui si trova immerso e, come non bastasse, deve pure lottare contro una specie di ragno meccanico gigante. Nella sala di controllo c'è tensione, Neo è entrato in fibrillazione, il suo cuore potrebbe fermarsi. Puoi immaginare una fine più balorda di un infarto per un eroe?
Il nostro medico di famiglia dice che sono in buona forma. Mi dice che anche lui è italiano, e me lo dice senza spiaccicare una sola parola in italiano ma con quell'accento nasale e quelle vocali che a me sembrano strettissime, nel tipico dialetto newyorchese che gli ebrei est-europei e gli italiani hanno contribuito a creare cent'anni fa. Allora immagino che la forma cui si riferisce sia quella della mia pancia, perché dice pure che devo perdere quindici libbre. Sette chili suonerebbe  meglio e mi terrorizzerebbe di meno. Vista la mia età, la routine prevede anche un controllo cardiaco. Che non sarebbe nemmeno una brutta cosa, se non fosse per quel rasoio che deve trovare un po' di spazio tra i peli del mio petto altrimenti gli elettrodi non si attaccano. Poi dice che è gratis, anche se questa cosa io non l'ho capita. Sarà. Comunque, l'Obamacare serve anche a non preoccuparti più di tanto se non capisci: tu paghi la tua parte e il sussidio pubblico copre la rimanente.
Adesso sono anch'io ricoperto di cavi, ma non c'è traccia di gelatina o ragni meccanici. Anche le convulsioni saranno piuttosto improbabili, perché la macchina non manda un impulso elettrico che sia uno. Il mio cuore batte, su questo non ci piove. Grande quanto una stampante casalinga, su questo marchingegno non un c'è tasto per resettare e lo schermo dice che s'è proprio incantato tutto quanto. Il mio medico è più imbarazzato che arrabbiato. Si scusa almeno una mezza dozzina di volte,  mi rassicura sulla gratuità dell'esame e mi chiede di fissare un nuovo appuntamento.
Dammi retta, Neo: la prossima volta prendi la pillola blu.

(Ah, la borsa della fotografia si trova in una pasticceria su Broadway. È una torta)

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